Prima di proporvi la ricetta vi parlerò del Cardo, un vegetale come tutti gli altri ma è tra quelli di cui si parla di meno.

Se si fa una rapida ricerca su internet, lo “google”, si riscatta subito nella sua dignità di verdura invernale: emergono infatti la sua bellezza botanica, la sua ricchezza di sapore, la sua intelligente composizione nutrizionale. Questa è la soddisfazione che si prova per qualunque ricerca internet che facciamo per avvallare i nostri interessi, ma poco importa per il nostro ortaggio; adesso che abbiamo scovato il cardo possiamo tuffarci sotto la sorgente inesauribile di informazioni che lo riguardano. Un bagno breve però, perché rischieremmo di perdercelo di nuovo facendolo scomparire dietro pomodori, lattughe, patate etc e di parlare poco del suo appetitoso impiego in cucina, quindi velocemente passiamo in rassegna il suo passaporto.

Cynara cardunculus L. è la sua classificazione secondo la tassonomia botanica, ossia il suo nome e cognome; può avere anche numerose cultivar, come dire soprannomi quali: Gigante di Cingoli, Gigante di Chieri, Bianco d’Asti e altri che, come tutti i soprannomi, vengono fuori da un’esilarante caratteristica, dunque possiamo dire che è “grosso” e “pallido”.

Appartiene alla famiglia delle Asteracee, la stessa che contiene Cicoria, Lattuga, Carciofo, Topinambur ma anche Margherita, Zinnia, Girasole, Gerbera; dunque ha una costellazione familiare importante e famosa.

E’ originario del bacino del Mediterraneo insieme al suo parente stretto, e forse un pelino più famoso, Carciofo, ed è una specie perenne, quindi rimane nel terreno per un periodo lungo.

Rapidamente riassumiamo la sua morfologia come: radice rizomatosa (il “piede” molto ciccione su cui poggia la pianta); fusto eretto che con l’età diventa semi-legnoso (dunque duro), foglie che si sviluppano dalla parte basale e che da adulte diventano molto grandi, pelose e, talvolta, con delle spine ai margini; fiori viola portati da infiorescenze a capolino (cucù?!) muniti di aculei o spine all’estremità; frutti, detti acheni, di forma lievemente ricurva e provvista di pappo setoloso.

Descritto smontandolo pezzo per pezzo sembra veramente una schifezza, ma in realtà ha un suo fascino complessivo che in foto lo rende molto “charmante”.

Parlando delle caratteristiche di coltivazione ha una soglia termica intorno a 7-8 °C e resiste fino a temperature di poco inferiori a 0°C, preferisce terreni profondi, di medio impasto e di buona fertilità, a reazione neutra o leggermente acida (ph 6,5-7,0). Riassumendo: cresce con relativa facilità ed è con la stagione fredda che da il suo meglio ed infatti lo consumiamo da ottobre-novembre fino a marzo.

Tralasciando le avversità, il miglioramento genetico, irrigazione, concimazione etc (a tratti soporifere anche per chi dovrebbe esserne appassionato) passerei volentieri alla tecnica dell’imbianchimento che lo rende interessante anche per la cucina. La tradizionale tecnica dell’imbianchimento del cardo infatti consiste nel piegare la pianta e di interrarla per circa i 2/3 lasciando scoperta solo la parte superiore delle foglie 20-30 giorni prima della raccolta. I cardi così trattati assumono una forma ricurva, da cui il nome comune “gobbi” che in Toscana sono un piatto, oserei dire, ancestrale. La stessa pratica si può fare legando le foglie esterne attorno a quelle interne o avvolgendoli con fogli di carta o altro materiale e lasciando libero il ciuffo delle foglie superiore; in questo modo si ottengono i classici cardi “pallidi”.

Lo scopo di questa pratica non è ovviamente la tintarella di luna ma rendere il prodotto, che per suo attitudine sarebbe coriaceo e amaro, più tenero e dolce.

Un’ultima riflessione collegata a quest’ultimo passaggio: la Natura ci suggerisce ciò di cui il nostro corpo necessita, il sapore amaro di molti ortaggi invernali potrebbe essere attribuibile ad un loro scopo di depurazione che a fine anno, dopo le libagioni primaverili, estive e autunnali, può essere utile, anche considerando le abbuffate natalizie non calcolate dalla Natura ma comunque presenti nella nostra cultura; dunque benvenuti sapori amari solo leggermente addolciti da alcune pratiche.

Adesso consideriamo il nostro cardo per la ricetta depurativa, ma non troppo, e di tradizione toscana.

La ricetta dei Cardi in umido

Cosa vi serve:

1 kg di cardi,
1 limone,
Olio extra vergine di oliva (di seguito detto olio evo), Farina 0 quanto basta, 
250 ml Passata di Pomodoro,
1 Aglio,
Peperoncino quanto basta,
Sale quanto basta,

Come si fa:

Pulire i cardi togliendo la parte filamentosa più esterna e tagliandoli in pezzetti di circa 10 centimetri l’uno.

Mettere i cardi così puliti in acqua fredda in modo che rimangono completamente ricoperti di acqua, aggiungere un limone tagliato a metà e sale quanto basta (insomma a vostro sentimento, io metterei una manciata di sale grosso).

Portare il tutto a ebollizione e continuare a cuocere per circa 30-40 minuti, provando la consistenza delle verdure con una forchetta per capire se sono arrivate a cottura; devono rimanere integre e di consistenza elastica.

Quando arrivati a cottura, scolare i cardi dall’acqua, asciugarli con un panno e poi infarinarli; parallelamente mettere l’olio evo in una padella antiaderente di dimensioni tali che i cardi possano rimanere tutti stesi e a contatto con il fondo della padella stessa.

Quando l’olio è caldo disporre i cardi come sopra detto e friggerli su entrambi i lati.

Dopo aver fritto i cardi aggiungere uno spicchio di aglio tagliato a metà e poi la passata di pomodoro allungata con due cucchiai di acqua calda, infine salare e pepare ed ultimare

la cottura per circa 20 minuti tappando, ma non completamente, con un coperchio la padella.

Questo è il classico momento in cui inserire sotto il tappo, in equilibrio sul bordo della padella il mestolo di legno usato per cucinare e creare un piccolo spiraglio da cui uscirà vapore ed un delizioso odorino.

Si capisce quando i cardi in umido sono pronti guardandoli bene, se la salsa di pomodoro è abbastanza densa spengere il fuoco.

Servire tiepidi come contorno o come piatto unico accompagnati da una bella fetta di pane rustico, rigorosamente sciocco, per la scarpetta.

Ps: Mi sono presa un bel pò di spazio nel blog e di tempo di chi ha letto questo mio articolo, dunque non mi dilungherò più ma vorrei lasciare alta l’attenzione su questo vegetale bello, ricco, intelligente e adesso un pò famoso. Tutto questo per dire di non dimenticarsi del cardo.

Articolo e ricetta di Linda