Cari amici, è con grande piacere che questa sera, 8 marzo 2019, siamo riuniti qui a Pontedera, la città natale di Sr. Ilaria, per consegnare il premio al dr. Paolo Malacarne. Come già avviene ogni due anni, l’Associazione “Noi per l’Africa e il mondo” – e da quest’anno anche la “Fondazione Casa Ilaria – Onlus” – insieme all’Amministrazione comunale, scelgono di conferire il premio ad una persona che si è distinta nella sua professione per l’impegno umano e solidale, specialmente verso le persone più vulnerabili.

Come negli anni scorsi è avvenuto con alcune donne straordinarie nella loro vita ordinaria – la professoressa Adriana Fiorentini, le dottoresse Emanuela Roncella e Angela Gioia – così quest’anno abbiamo pensato al dr. Paolo Malacarne, direttore della U.O. di anestesia e rianimazione dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana. Le ragioni di questa scelta le comprenderemo grazie alla Laudatio di un suo stretto collaboratore, il coordinatore infermieristico Nunzio De Feo, e alle testimonianze di tre persone che hanno avuto diretta esperienza, seppur molto diversa, della cura di Paolo Malacarne.

Da parte mia, posso solo testimoniare gli effetti di quanto ho visto accadere nella sala di rianimazione dell’ospedale di Cisanello. Fabrizio, i cui potenziali evocati erano ormai ridotti a zero, dopo un incidente stradale, oggi è qui; un anno e mezzo fa avemmo la gioia di vederlo porre la prima pietra di Casa Ilaria. Patrick, in fin di vita la vigilia di Natale, per una polmonite virale dovuta ad una vita complicata, oggi è qui; il dr. Paolo mi permise di fargli visita anche con i suoi amici di strada. Leo, il padre di Massimo Boschi, mio compagno di liceo, e di Paolo, il nostro architetto di Casa Ilaria, non è qui, ma è stato accompagnato in ambulanza da Paolo, per morire nella sua casa, tra i suoi cari.

Si tratta di tre incroci casuali con Paolo, assolutamente ordinari nella vita professionale di chi sta sul filo della vita e della morte ogni giorno: per curare fin dove è possibile, per trattenere con tenacia o lasciar andare con delicatezza. Non è inutile ricordare che la maggior parte dei pazienti di quel reparto sopravvive, e dà testimonianza di come ha camminato sul crinale più vertiginoso in compagnia di uomini e donne capaci e generosi. Basta sostare nella sala di attesa del reparto per rendersene conto dalle memorie scritte sulle pareti. Ma si tratta anche di tre persone con le quali Sr. Ilaria ha un misterioso legame, grazie alle tante persone che in sua memoria s’impegnano nella cura di chi è più debole, più fragile, più vulnerabile: a Pisa, nella chiesa di San Sepolcro, come a Montefoscoli, a Casa Ilaria.

Per queste ragioni, siamo davvero lieti, insieme all’Amministrazione comunale di Pontedera, che è all’origine dei contributi per la costruzione dell’Ospedale di Bossemptélé, in Repubblica centrafricana, voluto da Sr. Ilaria, di celebrare stasera un medico, un uomo umile e infaticabile, che fa il lavoro prezioso che Dio – per i credenti – ha affidato all’umanità. Quello di custodire la vita di ogni persona come se fosse l’unica; di curare il cuore e la mente dei familiari e degli amici nel momento della prova più difficile; di riconsegnare alla vita terrena o a quella eterna il giovane o l’anziano, il ricco o il povero, il disperato o il coraggioso, trattando tutti con eguale dignità e rispetto.

Il ricordo di Sr. Ilaria, a dodici anni dalla sua morte, stasera si nutre ancora una volta di speranza e di forza. Il progetto di Casa Ilaria ha bisogno di energie vitali, che vengano da chi crede come da chi non crede, perché ciascuno possa nutrire la fiducia che si può sempre fare qualcosa di buono, di vero e di bello anche nella situazione più complicata, sia fisica, sia psichica, sia sensoriale. Questo è un sogno possibile, e persone come Paolo Malacarne ne sono un limpido esempio.

Il 17 maggio 2001, nel suo 31esimo compleanno, così scriveva Sr. Ilaria: « Chi sono? Verso dove sto andando? Riconosco la mia incapacità e non mi vergogno della mia ignoranza. Cerco anche di reagire positivamente, ma forse non ne sono troppo capace. […]  Amo i volti delle persone, cerco di imprimerli con forza nella mia mente … mi lascio ferire, mi lascio consumare … […]. Allora mi chiedo quale sia la mia strada! Forse – voglio sperarlo – ci sto camminando sopra … ma non ne ho la sicurezza! […] Ancora mi prende l’idea della fondazione di una nuova umanità, rivestita dei panni splendenti del Cristo Risorto, radiosa e felice, in piena comunione con ogni uomo che cerca la verità e la gioia. Proprio io posso pensare ad una cosa del genere? Sono sempre stata “presa” dal pensiero di trovare un “luogo” dove questo si possa realizzare … […] Gesù mi mostri la via e il modo e mi doni il tempo per fare tutto questo … Egli sia la mia pace!».

Maurizio Gronchi